giovedì 28 luglio 2022

SANTA CRISTINA DI BOLSENA


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SANTA CRISTINA DI BOLSENA

LA PRESENZA DI CRISTO NELL'OSTIA

Nell'estate del 1263, un sacerdote boemo, un certo Pietro da Praga, dubitò della reale presenza di Gesù nell'ostia e nel vino consacrati. Cosa gravissima per cui si recò in pellegrinaggio a Roma per pregare sulla tomba di Pietro e fugare i suoi dubbi.

Percorrendo però la via Cassia si fermò a pernottare a Bolsena, dove tornarono i dubbi, allora il giorno dopo celebrò la messa nella Grotta di Santa Cristina, ma un prete di passaggio può dire messa dove gli viene voglia?



SANTA CRISTINA

La cappella ha un'icona in terracotta della santa adagiata a fianco della roccia usata per martirizzarla a 11 anni, e c'è anche un muro con le impronte della santa dal suo mancato annegamento. Dunque si narra che Cristina, figlia di Urbanus, comandante delle milizie imperiali, destinata dai genitori ad una vita da sacerdotessa degli Dei (cosa impossibile perchè potevano scegliere solo pontefici e saceroti), venne, all'età di undici anni, rinchiusa dal padre in una torre insieme a dodici ancelle pagane.

Queste dovevano convincerla ad adorare degli idoli romani d'oro e argento; ma la giovane, istruita da un angelo e proclamatasi cristiana, non solo non sacrificò agli dei, ma spezzò le statue e donò l'oro e l'argento in elemosina ai poveri. Ma come fece, non era rinchiusa bella torre?

Supplicata inutilmente di tornare ai culti romani, fu fatta condannare dal padre ad una flagellazione ed al supplizio su una ruota ardente che, divampando, uccise millecinquecento pagani. In cella, Cristina venne miracolosamente sanata da angeli crudeli che ogni volta la sanavano per farle subire il prossimo supplizio. Il padre imbestialito le fece legare una macina al collo gettandola nel lago di Bolsena, ma Cristina venne fatta galleggiare e ricondotta a riva dagli angeli inviati da Cristo, il quale la battezzò e si preparò a godere del prossimo supplizio.

A questo punto il padre si arrabbiò tanto da farsi venire un infarto e morì. Ma il successore Aidone, ancor più accanito, fece immergere Cristina in un calderone di olio bollente dove la giovane rimase illesa. Non convinto le fece radere il capo e la fece condurre nuda fino al tempio di Apollo. E questa ha tutta l'aria di un copiaticcio dell'inglese Lady Godiva che dovette cavalcare nuda, il che spiega il taglio dei capelli, perchè Lady Godiva venne in parte coperta dai suoi lunghi capelli.

Non appena giunta, l’idolo apollineo cadde a pezzi, provocando anche al giudice un infarto. Ma non imparavano mai, per cui il successore Giustiniano ordinò di gettare Cristina in una fornace dove rimase illesa per cinque giorni, sempre salvata dai sadici angeli.

Venne sottoposta allora ad altre torture, come serpenti velenosi da lei ammansiti, l'amputazione dei seni da cui sgorgò latte e il taglio della lingua che Cristina gettò al carnefice rendendolo cieco. Infine fu trafitta dai colpi di due frecce per le quali morì. Evidentemente gli angeli non si divertivano più.



IL MIRACOLO DELL'EUCARESTIA

Torniamo al prete di Praga, perchè al momento in cui egli consacrò l'ostia questa cominciò a sanguinare sul corporale. Impaurito e confuso, il sacerdote, cercando di nascondere il fatto, concluse la celebrazione, avvolse l'ostia nel corporale di lino e fuggì in sacrestia. Ma alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell'altare.

UNA LASTRA DI MARMO
MACCHIATA DI SANGUE
Pietro da Praga si recò subito dal papa Urbano IV, che si trovava a Orvieto, questi verificò l'accaduto e recuperò le reliquie estendendo nel 1264 a tutta la Chiesa la solennità del Corpus Domini, nata nel 1247 nella diocesi di Liegi per celebrare la presenza reale di Gesù nell'Eucaristia, in contrapposizione alle tesi di Berengario di Tours, secondo le quali la presenza eucaristica di Cristo non era reale, ma solo simbolica.

La Chiesa cattolica riconobbe ufficialmente il miracolo eucaristico, le cui reliquie si conservano a tutt'oggi nel duomo di Orvieto e nella basilica di Santa Cristina a Bolsena: nella cappella del corporale, a Orvieto, sono custoditi l'ostia, il corporale e i purificatoi, che in seguito, nel 1338, furono collocati nel reliquiario di Ugolino di Vieri, dove si trovano attualmente.

Il reliquiario venne posto, a partire dal 1363, nel tabernacolo in marmo che si trova nella stessa cappella. L'altare dove sarebbe avvenuto il prodigio fu collocato, fin dalla prima metà del XVI secolo. Nel vestibolo della basilica ipogea di santa Cristina a Bolsena sono conservate le quattro lastre di marmo macchiate di sangue che, dal 1704, si trovano all'interno della cappella nuova del miracolo a Bolsena. Una quinta lastra fu donata, nel 1574, alla parrocchia di Porchiano del Monte.



LE ANALISI SCIENTIFICHE

Il corporale di lino custodito presso il duomo di Orvieto, è stato oggetto nel 2015 di un intervento di natura conservativa e di un'analisi della documentazione fotografica ottenuta in luce normale ed in fluorescenza ultravioletta (UV), da cui si è evidenziata la presenza in ogni sezione del corporale di depositi biologici costituiti da sangue, scisso in plasma e siero.

NATTERIO DELLA SERRATIA MARCESCENS
SU UNA MOLLICA DI PANE
Qualche tempo prima dello svolgimento di tale analisi, il sanguinamento dell'ostia di Bolsena era stato spiegato da Johanna C. Cullen, ricercatrice presso la Georgetown University di Washington, con la presenza di un batterio molto comune, la Serratia marcescens, che, in periodi di caldo e in luoghi umidi, produce su pane e focacce un abbondante pigmento rosso vivo chiamato prodigiosina, di consistenza leggermente viscosa, facilmente scambiabile per sangue fresco. La Cullen, inoltre, riuscì a riprodurre in laboratorio gli effetti del presunto miracolo.

L'esperimento della Cullen venne ripetuto nel 1998 dal dottor Luigi Garlaschelli, ricercatore del dipartimento di chimica organica dell'università di Pavia, il quale utilizzò una fettina di pane di forma circolare. Risultati simili furono ottenuti anche J. W. Bennett e Ronald Bentley, ricercatori di biologia molecolare alla Tulane University di New Orleans e di scienze biologiche all'università di Pittsburgh, nel 2000.

 

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