lunedì 17 dicembre 2012

IL MITO DI ARTU'.





- Grande Madre, tu ponevi al primo posto il figlio minore perché più bisognoso, i poveri e i malati rispetto ai sani e ai forti. Tu curavi le piaghe del corpo e le sofferenze della mente. Tu grande guaritrice, madre di tutti, accogliente come Iside sotto al suo manto, o la Madonna che la riproduce. I malati scendono nelle acque di Lourdes a invocare la guarigione, ripetendo un antico gesto presso le acque a te dedicate. Tu sorta dalle acque, abitatrice delle acque, guaritrice attraverso le acque, Tu Dea, Maga, guaritrice, oracolante, Tu ninfa delle acque naturali e di quelle cupe e profonde che giacciono in noi.

Ti chiamammo Basilea, o Regina, e da te i re si chiamarono basilei e le reggie divennero basiliche, copiato dai cattolici per le chiese più maestose. Ti chiamammo Agrotera, o campestre, come Artemide nella sua veste vegetativa, signora di tutto ciò che spunta sulla terra. Ti chiamammo Aerea, come Era, non perché viaggiavi tra le nubi come il Dio unico, ma come signora dell’etere, o astrale, signora dei mondi sommersi dell’anima e della terra. Come Iside ti chiamammo: l’Ascoltatrice di Preghiere, Colei che Tutto Cura, La Comprensiva, Colei che Riceve Innumerevoli Preghiere, ed Epekoos o Colei che tutti guarisce, e Menoukis o La Grande Guaritrice, Medicina del mondo, Dalle Potenti Capacità Terapeutiche e infine La Salvatrice dell’umanità… Suona familiare? Mutatis mutandis, basta cambiarlo al maschile ed ecco fatto il Salvatore… il Cattolicesimo non s’è inventato nulla.

Ti chiamammo Signora dei Sacri Misteri perché davi agli uomini l’Ambrosia custodita nel giardino delle Esperidi o l’acqua del pozzo che bevve la Dea Gailleach scoprendo l’eterna giovinezza; come Dea scandinava Idhunn custodivi le mele dell’eterna giovinezza ad Asgard, come Dea Saga donavi la coppa di idromele, Dea araba Allatu donavi l’Amrita, il nettare che come l’ambrosia, l’acqua del pozzo, le mele, i pomi e la coppa donavano agli uomini l’immortalità.

Ma fosti anche la Giusta, e come Iside fosti chiamata Giustizia, e la germanica Dea Sygn, protettrice degli innocenti nei tribunali e garante dell'inviolabilità delle porte chiuse, e Nemesi, Dea della Giustizia e della Vendetta, e le Dee Eumenidi, e Maat l’egizia Dea della giustizia e dell’ordine, e la greca Temi, e Adrasteia, e Ate vendicativa,e la germanica Nerthus, e la Dike, e Astrea, e la romana Justitia. Fosti Irene romana, Dea della pace e Dea Pax cui fu dedicata la gloriosa Ara Pax. Ma Dike se ne volò in cielo disgustata dal patriarcato, come a dire che non c’è più giustizia e la pace se n’è andata con lei, fine della pace e inizio delle guerre, ma soprattutto: finita la pace dell’anima.”


Che fossi tu la detentrice della Pietra Filosofale bramata dagli alchimisti che dona immortalità a chi la scopre? E fossi tu la Maria Maddalena che regge la coppa da cui esce il serpente?  Che fossi tu l’oscura detentrice del Graal tanto cercato dai cavalieri di Artù? Mi sa tanto di si. -



IL MITO

Quando Artù si sente morire chiede a Parsifal di gettare la spada nel lago, perché altri possano usarla dopo di lui. Artù sente che ciò che lo ha spinto a cercare, a lottare, anche quando tutto era perduto, non era suo, e lo ridà all’universo. Questo fa di lui un immortale, per questo le Norne, le Grandi Madri, lo portano via nella barca lunare contro il cielo di fuoco in cui il sole si spegne. Artù ha tentato l’impossibile, ha raccolto la gente, stabilito la pace e fondato un regno, adempiendo al suo compito sulla terra, ma soprattutto ha colto e accettato la sua ciclicità.
Il mondo proseguirà oltre lui, e Artù lascia ciò che ha conquistato: Escalibur. Anche Merlino è scomparso; sparito dal mondo dei vivi, parla solo attraverso i sogni, dice che il mondo della Magia è finito, ora è il tempo degli uomini. 

Brutto tempo, di soli uomini senza donne. La Magia è finita da un pezzo, i maschi hanno scoperto formule e arcani, affossandola del tutto. Quadrati magici, glifi, segni misteriosi ricavati con complesse formule matematiche, calcoli ossessivi tra lettere e numeri, studio spossante sui libri, ricerca estenuante di antichi testi. Ne sanno qualcosa arabi ed ebrei, i più ossessivi in materia. Tutto per far magia con la mente anziché l’Anima, ma la Magia è donna. 


Il Coro

- Artù, fosti Merlino, e Lancelot, e Parsifal insieme. - 
Narra il mito che Merlino era figlio d’una vergine e d’un demone, fa tanta differenza con la Vergine che s’accoppia allo Spirito Santo? Per i Greci no, lo spirito era il demone, non era negativo, e se lo chiamassimo istinto consapevole scandalizzerebbe tanto i cattolici? Cosa volete sia ciò che comunica con l’universo, se non l’istinto?

Chi dà il segnale di migrazione a migliaia di uccelli raccogliendoli nello stesso luogo alla stessa ora, e come fanno gli animali a presentire i terremoti, o riconoscere i funghi velenosi? La natura ha intelligenza e fantasia "soprannaturali", noi ne siamo parte, e può trasmetterci la sua saggezza, se ci poniamo in contatto con lei, se la riconosciamo Grande Madre. Conoscere è amare.

- Artù fosti Lancelot, l’uomo che s’innamorò di Ginevra perché era proibita, l’unica che potesse sciogliere l’Anima. Eri assetato d’amore e cercavi la tua Anima, e pensasti di sostituirla con una donna, errore che gli uomini fanno spesso. Avessi compreso che era la tua Anima a tormentarti non avresti combattuto te stesso, e avresti guarito la ferita che ti dissanguava. -
- Alla fine riconoscesti il vero re e moristi per lui. -

Perché mai devono morire tanti innocenti per salvare un unico re?
Perché c’è una Strage degli Innocenti nel Vangelo dove solo Gesù si salva, ed una nell’Antico Testamento dove i piccoli maschi primogeniti debbono morire tranne i designati? Forse perché i falsi re, come dice l’alchimia, debbono morire per lasciar posto al vero re. Il falso sole, o falsa coscienza, deve morire per il vero sole, quello che si congiunge alla luna in legame indissolubile. 
Muoiono i falsi io e resta la luce immutabile. Il vero sole è lo spirito, né maschio né femmina, ma sole e luna insieme, per cui, finchè ci sarà separazione tra maschio e femmina, non c’è vero sole. Finchè l’uomo prevarica la donna, finchè la donna non riconosce il valore della sua luna, e si lascia prevaricare da lui, non c’è vera luna. Allora ciò che lega i due sessi non è amore ma bisogno. L’amore comincia là dove il bisogno finisce.

Artù, fosti Parsifal, il giovane puro, per purità d’intenti, che partì alla ricerca del Graal quando s’accorse che il re non poteva vivere né morire, perché la vita, senza consapevolezza, è vegetare. -

- Se non mi immergo non muoio, ma neppure vivo. -

Chi si sveglia prova gran dolore, comprende che la sua anima è vuota e va a cercarla, nelle pianure desolate, nel gelido inverno di Demetra, o dei Cercatori del Santo Graal.

Allora comincia l’appeso, (o l’Impiccato dei Tarocchi), che sta per aria, appeso all’Albero della Vita, e non riesce a toccare terra. Non trova le sue radici. Il suo cielo non lo sostiene più, anzi lo strangola, ma ancora non tocca terra. Far parte del mondo reale di vita e morte, spaventa, e può essere affrontato solo nudi, senza la corazza che trascina Parsifal in fondo al fiume. Ma le acque devono essere traversate, quelle che in alchimia si chiamano “acque corrosive”, che spogliano dell’armatura il giovane Parsifal, per farlo giungere, vivo e vero, di fronte all’istinto spiritualizzato (o spirito istintualizzato): il vero Artù, l’autentico re. Solo allora svelerà il mistero del Graal, e dirà al re-spirito a cui reca il calice d’argento, il Vas Eletionis, vaso d’elezione (appellativo della Grande Madre prima che della Madonna): “Tu e la terra siete Uno”. Parsifal ha conosciuto lo spirito e l’ha legato alla terra, ma è ancora separato dal re, non sa d’essere lui stesso quello spirito.

- Quando di due farete uno, - è scritto nel vangelo di Tommaso - potrete dire alle montagne di gettarsi in mare e obbediranno. - E' il giochino di un rebus? No, un sacro mistero. La vita è una lotta cui non ci si può sottrarre, finchè lo spirito non mette pace tra cielo e terra.

Se non mi immergo non muoio, ma neppure vivo. -



IL PROLOGO

- Artù, coi cavalieri partisti per l’ultima battaglia, contro Mordred il falso sole, generato da te. Egli era stato reso immortale, era il re che non voleva morire. Solo la morte può ricongiungerti a lui, trafiggendovi con la medesima lancia.. -

Muore l’immortale che non voleva morire, e diventa immortale il vero re, quello che ha accettato la morte. Riconoscendosi parte d’un tutto, può lasciare la parte più vera di sé, qualcosa che l’universo gli ha dato a prestito, che non era sua, che non apparteneva al suo ego, e aldilà dell’ego c’è l’universo.

- Avviso ai cattolici: non è facendo i buoni altruisti che si rinuncia all’ego artificiale.
- Avviso ai buddisti: non è rinunciando ai desideri che si rinuncia all’ego artificiale.
- Avviso ai naviganti: imparate a navigare, nel profondo, e a capire in quali mari navigate.

Solo la consapevolezza libera dal falso io, e non è questione di sincerità verso gli altri, perché a quell’io ci crediamo, ignoriamo di non esser veri. Solo la spada che separa può far luce nel buio, per cui il Cristo annuncia che separerà con la spada i genitori dai figli e il marito dalla moglie.

- Se tre ne trovo, tre ne prendo, se due ne trovo, uno solo prendo, nol lascio. - dice il demone nella Francesca da Rimini di D’Annunzio. Tutto viene separato fino a tornare all’uno, ma dentro di noi. Non si può capire l’unicità divina se non si è compresa la nostra, se non siamo tornati “uno con la terra”. Per questo l’Anima appare demoniaca alla mente.




L'EPILOGO

L’inverno è agli sgoccioli e nell’aria della sera c’è un tepore nuovo, sotto la morte che regna sul campo di battaglia s’affacciano teneri germogli, la nuova vita che si fa spazio tra il dolore della fine. La neve sull’erba si scioglie in acqua e sangue. La terra è coperta di cadaveri. Il cielo di fuoco scolora, e, in un sospiro di caligine, scende dietro la montagna. Tutto tace, Parsifal guarda attonito la fine del mondo sognato. I suoi compagni sono morti, il re sta morendo.


Parsifal

Perché questo orrore, quest’annientamento, questa morte! Cosa ho sbagliato, cosa abbiamo sbagliato! Credetti nel Graal, detti un senso alla mia vita dopo tanto dolore, ma non è servito a niente.”

Nel campo si effonde l’odore dolciastro della morte, il cielo ha strie di sangue a occidente, la neve è fango, sale una strana nebbia come larve di fumo ondeggianti.


Artù 

“Addio vita, addio amori, campi di battaglia, 
addio compagni d’arme e Camelot, castello d’oro e d’argento,
addio Tavola Rotonda dei più valorosi di Britannia.
Porto con me la mia disfatta, la disfatta della mia guerra.
Ciò per cui ho combattuto, amato e sperato volge al termine.
Il tempo che la vita m’ha dato rovescia la clessidra.
Ho fatto di Ginevra una monaca, di Lancelot un folle, 
di Parsifal un disilluso, di Merlino un sogno.
Edificai un castello per l’eternità,
ove governassero in amore un sole e una luna,
e non sentii che scricchiolava mentre s’edificava.
I segni del cielo e i suoi prodigi erano così fausti,
così magicamente lusinghieri, che vi posi la mia anima, e altri con me.
Ma il cielo è un giorno sereno e un giorno carico di pioggia,
non si può tenere il sereno, o il giorno, gli anni, la pace.. o l’amore.
Il tempo spazza ciò che l’uomo edifica, anche nel cuore.
Il mio erede è stata la mia rovina,
i miei cavalieri sono morti nella cerca del Graal,
i miei sudditi decimati dalla guerra.
Sognai l’amore e seminai tradimento,
sognai la pace e seminai guerra,
sognai la prosperità del mio popolo
e lascio un trono senza eredi e una terra senza re.
Ora che il mio tempo è finito, non sono nulla, non sono mai stato nulla.
Rendi questa Spada, amico Parsifal, al lago che l’ha custodita, 
per qualcuno, un giorno, più degno di me.“


Parsifal

“Re di tutti i re, il migliore dei re, non ci sarà uomo più degno di te.
Sei stato giusto e generoso, è la vita che t’ha tradito, il fato è più forte degli uomini.
Lascia che questa Spada sia sepolta con te, in cima a un mausoleo,
perché gli uomini sappiano che visse un grande re,
capace di brandire la Spada che nessun'altro poteva impugnare.”


Artù 

“Fedele compagno d’arme, il più puro dei miei cavalieri,
conquistatore del Santo Graal, tu sei migliore di me.
Il Calice che mi portasti salvò la mia vita,
mentre io non ho salvato nulla, nemmeno l’anima mia.
Ora voglio un oblio che plachi ferite e sconfitta.
Seppelliscimi senza nome, che nessuno pensi di rinnovare le mie gesta,
che nessuno combatta inutilmente.
Rendi la Spada al lago che l’ha custodita.”


Parsifal 

“Re di tutti i re, il migliore dei re, non ci sarà uomo più degno di te.
Anche se il fato è stato una vecchia strega per te e noi,
lascia una traccia delle gesta che c’infiammarono l’animo,
perché fummo felici mentre soffrivamo combattendo,
e fui felice quando soffriì nella ricerca del Graal.
Avevamo in che credere, e non sospettavamo la fine.
Ti seppellirò come uno qualunque,
ma lascia che la Spada rientri nella roccia,
che tutti possano vederla, e sapere che un re,
in un tempo glorioso, la estrasse ancora fanciullo.”


Artù 

“Fedele compagno d’arme, il più puro dei miei cavalieri,
conquistatore del Santo Graal, tu sei migliore di me.
T’è dato raccontare storie sul mio nome, e la magia vivrà nelle favole,
visto che non è più nel cuore degli uomini.
Non lascerò una tomba e non lascerò la Spada come un trofeo,
perché gli uomini l’adorino senza brandirla.
Verrà forse qualcuno, migliore di me, a farla brillare sotto i raggi del sole.
Rendi la Spada alla Dama del Lago.”


Parsifal

- Re di tutti i re, il migliore dei re…. - ma la voce gli muore in gola.

Non si può disobbedire a un re né a un morente, Parsifal raccoglie la Spada insanguinata e s’avvia al lago, mentre il sole scende nel sepolcro con un manto che incendia il cielo. Le lacrime scorrono a rivoli perché non ha a chi nasconderle. Alza il braccio, raccoglie le forze e le labbra si stringono come in battaglia, poi scaglia Escalibur contro il cielo, sulle acque già violacee sotto il sole che muore. Il lago s’increspa come un brulichio di pesci e raccoglie l’ultimo bagliore del tramonto.


La Dama del Lago

Una candida figura, ornata d’argento come un angelo, appare sotto il pelo dell’acqua. Parsifal, col fiato sospeso, è colto da un ricordo: sorriso enigmatico, quiete infinita, dolcezza lieve, un passo senz’orma, un sussurro, e chiome bionde che s’allargano sull’acqua come grano maturo, all’infinito. La Dama dal volto come l’avorio tagliato alza il braccio guarnito di reti d’argento e tutto il mondo s'è volto a guardare. La Spada volteggia lenta nel cielo calando docile nella candida mano.

Ora il cielo è sospeso, Parsifal sa che quel momento magico non tornerà più. La mano scompare tra le onde e la Spada con essa, vibrando al sole un raggio bianco come la luna. Parsifal sente mille anni sulle spalle, ma va a raccogliere il corpo del re per dargli oscura sepoltura. Non lo trova. Si guarda attorno, sgomento, il sole è per oltre metà dietro l’orizzonte, il lago è immobile e la neve ha riflessi bluastri. I cadaveri giacciono con lo sguardo fisso in muta domanda cui nessuno risponderà. Da lontano ode il verso della civetta, di cui sua madre diceva… non ricorda più cosa diceva.

Ora l’aria trema, il lago si confonde col cielo, e una barca, viola come le primule di primavera e l’ultimo cielo al tramonto, si stacca dalla riva. Tre figure femminili sono ritte con le braccia alzate, e Parsifal ha un colpo al cuore, una commozione antica. Ora ricorda le parole della madre: - Il lamento della civetta canta la fine e il principio. - Le donne, in vesti bianche e disco lunare sul capo, hanno il sorriso della Dama del Lago, e steso nella barca c’è il corpo di re Artù. Le Dee dalle candide vesti sono come statue e il loro sorriso è eterno.


Le Norne 

LE TRE NORNE
- Artù, amato figlio, hai combattuto tutta la vita con coraggio, sperando di cambiare il mondo, e hai scoperto che il mondo non si può cambiare.
- Hai amato e sofferto, scoprendo che tutti i sogni del cuore passano.
- Artù, ti senti sconfitto perché la vita è più forte di te, e l’odio degli uomini più forte di te.
- Artù, nella sconfitta hai dato agli uomini il dono più grande, hai donato la Spada con cui battersi, anche quando battersi, tu lo sai, non cambia il mondo. Ma il tuo dono, che non ha un perché, traccia un solco che non sarà cancellato.

- Altri giovani saranno partoriti nell’entusiasmo e nella speranza, e un giorno troveranno per caso una Spada infilata nella roccia, e la snuderanno, senza sapere perché.
- Quel giorno tu tornerai, Artù, perché tu e la Spada siete uno, e uno sarai con tutti quelli che la cercheranno dal cuore. Perché tu e la terra siete Uno sotto le stelle, perchè la Terra siamo Noi. -


Parsifal

Parsifal non comprende il mormorio, ma sente una pace profonda scendergli nel cuore, torna al castello ed annuncia la morte del re, scomparso in battaglia. Forse per questo si disse che Artù non era morto, che viveva in paesi lontani e che un giorno sarebbe tornato. Ma talvolta lo colpisce un'immagine che emerge rapida da un'angolo della mente: tre donne in piedi, in candide vesti, su una barca che sorvola le acque stagliata contro un sole che muore. Il leggero sorriso delle donne è aldilà della vita e della morte e in quell'attimo e per un attimo la sua anima è piena di pace.

In quanto a Merlino, da molto tempo non era più sulla terra, ma qualche vecchio pazzo racconta che ogni tanto una donna entri di notte nel suo magico regno. Le donne, si sa, amano contar favole. Chissà perché tutte dicono che accade in un notte di luna piena.
Qualcuno ha sospettato ci fosse un nesso tra la magia, la donna e la luna.



1 commenti:

janu on 22 maggio 2017 alle ore 17:57 ha detto...

C'è tanto di Silvia Montefoschi in questo brano. Mi piace!

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